mercoledì 27 febbraio 2019

Tempo presente

La differenza sostanziale fra scrivere per il teatro e scrivere un romanzo consiste nella difficoltà che si affronta, nella stesura di un copione teatrale, quando si vogliono descrivere gli stati d'animo e i ragionamenti dei personaggi.

In un romanzo è relativamente semplice: "si rese conto di quanto tutto questo gli procurasse un sottile piacere di cui in fondo si vergognava..." infatti in questo esempio abbiamo in poco più di una riga la descrizione di una presa di coscienza unita ad una sensazione e ad una emozione.

In un testo teatrale è tutta un'altra cosa. Questi elementi devono giungere allo spettatore attraverso i dialoghi, la recitazione, il montaggio della scena e dunque comportano uno sforzo di fantasia in più che l'autore deve affrontare e risolvere se vuole che il messaggio all'origine dell'opera giunga ai presenti.
Il coro assolveva in parte a questo compito nel teatro greco antico, nella Commedia dell'Arte, Goldoni risolse questo aspetto con i cosiddetti "a parte", sebbene non fu il primo ma ne fu certamente il maggior "utilizzatore", ed erano quelle indicazioni che riportava prima di una battuta in cui scriveva "fra sé", l'attore si rivolgeva al pubblico il più delle volte accompagnando la battuta col gesto della mano tesa verticalmente accanto alla bocca. Oggi è più frequente l'adozione di monologhi: nella finzione teatrale, il personaggio rimane da solo in scena ed esprime un pensiero ad alta voce (nel dramma "La valigia" sono ricorso spesso nel primo e nel terzo atto a questo escamotage) una soluzione che, se ben dosata, può accompagnare per mano lo spettatore nell'animo del personaggio.

"L'ultimo giorno" è un romanzo breve e intimista, dunque venendo letto e recitato in scena non ha questo problema da affrontare. Per tutta la prima parte (il primo e tre quarti del secondo capitolo) è la descrizione di un travaglio interiore; ma questa volta, a differenza della Prima (in scena al Ridò il 10 novembre scorso) il testo sarà letto al tempo presente, da un illuminato suggerimento del mio maestro di regia Gian Carlo Fantò. Dunque non più "Accese un'altra sigaretta, si avvicinò alla finestra... ecc." ma "Accendo una sigaretta, mi avvicino alla finestra...", un cambiamento apparentemente minimale ma che invece modifica completamente la prospettiva. Mentre il passato colloca lo sviluppo scenico in un tempo concluso, il presente cala lo spettatore nella situazione con maggior condivisione e coinvolgimento.
"L'ultimo giorno" del 24 marzo al Piccolo Teatro Comico sarà diverso dal precedente, sarà ancora più coinvolgente e accompagnerà le emozioni con maggiore intensità.

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